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"La pittura come sublime luminosità. 1970-1979"

Exhibition dates: 8/10 - 4/12/2020

Extended till January 29th 2021

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Online 8/10/2020 - 29/01/2021

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ARTWORKS

INSTALLATION VIEWS

Testo italiano / English text -scroll- 

 

Dall'8 ottobre al 4 dicembre 2020 la galleria 10 A.M. ART presenta una mostra dedicata alla ricerca pittorica di Vincenzo Satta (Nuoro, 1937) in collaborazione con l’archivio dell’artista, dal titolo “La pittura come sublime luminosità. 1970-1979”.

Dopo una prima fase di accertamento strutturale dell’immagine Satta sviluppa il linguaggio della geometria superando l’originario referente naturalistico (la memoria del paesaggio) a favore della pura astrazione. In tal senso, l’artista inizia a usare la denominazione “senza titolo” per indicare una visione costituita da puri rapporti cromatici che esaltano la dimensione impalpabile della luce.

Con questo orientamento Satta partecipa ad alcuni eventi espositivi della Nuova Pittura (1972-1976), area di ricerca interessata alle procedure analitiche e alla riflessione sugli strumenti del dipingere.

Nel 1973 è invitato da Giorgio Cortenova alla mostra “Un futuro possibile. Nuova pittura”, presso il Centro Attività Visive, Palazzo dei Diamanti, a Ferrara. Si tratta di un importante occasione di confronto internazionale, anche se la posizione di Satta è più vicina a un’idea di astrattismo classico che dialoga sia con i maestri del passato (Beato Angelico, Piero della Francesca, Giovanni Bellini), sia con gli autori contemporanei (Malevich, Albers, Rothko, Newmann).

Questi riferimenti sono un nutrimento prezioso per il viaggio mentale del colore attraverso velate apparizioni che dal piano costruttivo della razionalità si evolvono verso la soglia dell’indeterminato.  Per esprimere il valore assoluto della luce, l’artista esplora le gradazioni trasparenti delle figure primarie (quadrato, rettangolo, cerchio, fasce orizzontali e trasversali) gli affinamenti tra un tono e l’altro, gli accordi formali e le variazioni impercettibili che dialogano con l’invisibile. Tra i critici che negli anni Settanta hanno commentato la pittura di Satta, Pier Giovanni Castagnoli e Giovanni Maria Accame sono tra i più acuti nel rilevare la qualità del colore, l’intensità emozionale della composizione geometrica, l’astratta purezza dell’immagine, in modo che l’osservatore non abbia altro punto di riferimento che la pittura stessa nell’atto di filtrare l’essenza del colore-luce.  I risultati di questa ricerca sono documentati in diverse mostre personali e collettive e con la partecipazione a diversi Premi allora in voga: Michetti, Morgan’s Paint, Campigna, Suzzara, oltre alla Biennale di Milano.

A metà degli anni Settanta, Satta è tra gli artisti del gruppo bolognese di Palazzo Bentivoglio (con Degli Angeli, Landi, Mascalchi, Pintori, Storti Gajani) ai quali la Galleria d’Arte Moderna di Bologna dedica la mostra “Pittura museo città”, curata da Giovanni Maria Accame (1975). 

Per Satta la geometria è una scelta strutturale che coincide con il metodo di lavoro, non vi può essere alcun evento cromatico estraneo al processo di definizione elementare della forma pura. L’uso del quadrato costituisce, per esempio, l’assoluto luogo mentale in cui prende corpo la fisicità del colore, la bellezza elementare della forma geometrica, la sublime luminosità che stimola l’immaginazione oltre la misura canonica della superficie dipinta. Nella forma del quadrato Satta coglie l’evidenza del colore-luce, così come nel cerchio portato alla sua massima estensione, egli individua l’estrema espansione dello spazio. La pittura è trattata con sensibile perizia tecnica fino a farla diventare pura vibrazione luminosa, bagliore sospeso tra razionalità e fantasia, tra pensiero ed emozione, senza che la visione propenda verso uno dei due poli. Nel ciclo delle “porte” che caratterizza la seconda meta’ del decennio Satta si confronta con un’idea di spazio architettonico come soglia che coincide con la misura e la posizione della tela sulla parete, in tal senso la sua frontalità verticale è sospesa nel processo di decantazione della luce. Accanto alle “porte” rettangolari l’artista dipinge anche una serie di “porte” caratterizzate dall’uso dell’arco, un elemento di memoria classica che si articola ritmicamente attraverso meccanismi di apparizione e dissolvimento, effetti percettivi visibili solo con un prolungato tempo di assimilazione delle gradazioni luminose.

Ha scritto a tal proposito l’artista: “Da sempre cerco con ostinazione uno spazio primario, inanimato, velato di una sostanza colorata, luminosa, silenziosa, espansa e vibrante”.

From 8 October to 4 December 2020 the 10 A.M. ART gallery will be presenting a show devoted to the painting of Vincenzo Satta (Nuoro, 1937), in collaboration with the artist’s archive, titled “Painting as sublime luminosity. 1970-1979”.

After a first period of structurally checking the image, Satta developed a geometrical language that went beyond the original naturalistic references (memories of the landscape) in favour of pure abstraction. In this sense, the artist began to use the name “senza titolo”, Untitled, to indicate a vision consisting of pure chromatic relationships that intensify the impalpable dimension of light.

Following in this direction, Satta took part in some exhibitions by the Nuova Pittura movement (1972-1976), an area of art interested in analytical procedures and thoughts about the tools used for painting.

In 1973 he was invited by Giorgio Cortenova to take part in the show “Un futuro possibile. Nuova pittura”, at the Centro Attività Visive, Palazzo dei Diamanti, in Ferrara. This was an important occasion for international comparisons, even if Satta’s position was close to a classical idea of abstraction in a dialogue both with the masters of the past (Fra Angelico, Piero della Francesca, Giovanni Bellini), and with contemporary painters (Malevich, Albers, Rothko, Newman).

These references were a precious nourishment for a mental journey of colour through veiled apparitions that, from the constructive plane of rationality, develop towards the threshold of indeterminacy. In order to express the absolute value of light, the artist explores the transparent gradations of the primary figures (the square, rectangle, circle, horizontal and vertical strips), the affinities between one tone and another, the formal harmonies, and the imperceptible variations that dialogue with the invisible. Among the critics who in the 1970s commented on Satta’s painting, Pier Giovanni Castagnoli and Giovanni Maria Accame were among the most acute in revealing the quality of the colour, the emotional intensity of the geometric composition, and the abstract purity of the image, conveyed in such a way that the viewers had no other reference point than the painting itself in the act of filtering the essence of the colour-light. The results of this art were documented in various solo and group shows and in his participation in various prize-giving events fashionable at the time: Michetti, Morgan’s Paint, Campigna, Suzzara, as well as the Milan Biennale.

Halfway through the 1970s Satta was among the artists of the Bolognese group of Palazzo Bentivoglio (with Degli Angeli, Landi, Mascalchi, Pintori, Storti Gajani) to whom the Galleria d’Arte Moderna, Bologna, devoted the show “Pittura museo città”, curated by Giovanni Maria Accame (1975). 

For Satta, geometry is a structural choice that coincides with his working method, and there can be no chromatic event extraneous to the process of the elementary definition of the pure form. For example, the use of the square is the absolute mental place in which there materialise the physicality of colour, the elementary beauty of geometric forms, the sublime luminosity that stimulates the imagination, as well as the established measure of the painted surface. In the form of the square Satta discovers the evidence of colour-light, just as in the circle, brought to its greatest extension, he pinpoints the extreme expansion of space. Painting is treated with sensitive technical expertise to make it become pure luminous vibration, a glow suspended between rationality and imagination, thought and emotion, without vision preferring one to the other. In the series of “doors” that characterises the second half of the decade, Satta deals with the idea of architectonic space as a threshold that coincides with the measure and the position of the canvas on the wall. In this sense, the vertical frontality is suspended in the process of the deposition of the light. Besides the rectangular “doors”, the artist also painted a series of “doors” characterised by the use of the arch, an element of classical memory that is rhythmically articulated by way of a mechanism of apparitions and dissolutions, perceptive effects only visible after a lengthy time of assimilation of the luminous gradations.

With regard to this, the artist has written, “I have always obstinately searched for a primary, inanimate space veiled by a substance that is coloured, luminous, silent, expansive, and vibrant.”

 


Opening:

8 October 2020, 5.00 pm

 

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