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"Curva e retta"

"La linea nelle ricerche astratto-cinetiche italiane"

Exhibition dates: 27/10/2022 - 27/01/2023

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ARTWORKS

INSTALLATION VIEWS

Testo italiano / English text -scroll- 

 

Dal 27 ottobre 2022 al 27 gennaio 2023 la Galleria 10 A.M. ART di Milano, nella sua sede di corso San Gottardo 5, organizza la mostra Curva e retta. La linea nelle ricerche astratto-cinetiche italiane.

Così scrive il curatore Paolo Bolpagni:

 

Le ricerche astratto-cinetiche, nel loro pieno sviluppo e nei pionieristici esperimenti che le anticipano, si caratterizzano per alcuni elementi comuni: l’adozione di un lessico formale perlopiù geometrico, l’aspirazione, spesso, a indagare le modalità della visione, il perseguire la resa pittorica del dinamismo e dei fenomeni ottici e della luce, il ricorso frequente a effetti di modularità, pulsazione, permutazione, dissociazione o distorsione, il superamento del concetto tradizionale di arte come espressione, sopravanzato dall’indagine dei meccanismi percettivi e psicologici. Inoltre è stato essenziale, da parte degli esponenti di questa corrente, il ritorno ai fondamenti del linguaggio pittorico, spesso elevati a fulcro dell’indagine o risignificati.

Accostare le opere di Luigi Veronesi, Franco Grignani, Mario Ballocco, Lucia Di Luciano, Giovanni Pizzo, Ennio L. Chiggio, Claudio D’Angelo e Marina Apollonio serve anzitutto a misurare i rapporti tra due generazioni (i primi tre nati all’inizio del XX secolo, i restanti fra il 1933 e il 1940), e anche, in maniera parimenti importante, a riconoscere il valore e la varietà di ricerche che da un lato mostrano tuttora la loro forza e attualità, e dall’altro stupiscono per l’infinito campo di possibilità schiuso dall’utilizzo, in fondo, di pochi “ingredienti” di base. Di fatto, la musica occidentale è quasi interamente costruita su dodici semitoni: soltanto sette note e cinque alterazioni, da cui però è stato tratto quello che, da Bach a Mahler, è forse il più straordinario frutto creativo della civiltà umana. Così, per l’occasione della mostra organizzata da 10 A.M. ART, ci si è concentrati sulle facoltà generative della linea, peraltro in riferimento a un arco cronologico limitato a un ventennio, dai Contrasti simultanei di Mario Ballocco del 1956 al trittico Progetto di spazio di Claudio D’Angelo del 1976, con il solo sforamento temporale rappresentato dal ciclo unitario di dieci dipinti realizzato da Lucia Di Luciano nel 2003 Verticalità dalla 2 alla 11. In totale si tratta di venti opere, selezionate per i due livelli della galleria: al pian terreno quattro dipinti di Luigi Veronesi degli anni Settanta (Composizione Q12 del 1973, Composizione T2 del 1974 e, entrambe del 1975, Costruzione Epsilon Variante 4 e Costruzione Sigma 6), nei quali la linea è soprattutto lo strumento per acquisire la cognizione del trascorrere figurale del tempo interno all’infinito spaziale del piano, conquistandosi la capacità di fissarlo in una realtà ritmica, cosicché il singolo pezzo non è il traguardo conclusivo, bensì un istante “bloccato” nel fluire di una durata illimitata. Affiancate a questi lavori sono le vertiginose variazioni curve di Marina Apollonio (Verde + Blu 8N del 1966-1971, N. 44 Gradazione 8+8P nero bianco su nero del 1966-1972 e Dinamica circolare Cratere N del 1968), che mettono alla prova i meccanismi del nostro cervello, e i rarefatti Progetto di spazio di Claudio D’Angelo, “affioramenti visivi” in cui sono applicati con originalità e sagacia i princìpi gestaltici della continuità e del “destino comune”. La scelta delle tre opere di Mario Ballocco è esemplare proprio nell’esplorazione dell’“etimo” e delle ricadute percettive – per citare e parafrasare il titolo di una tela del 1975 – della linea retta e della curva, sia in relazione al colore (come in Contrasti simultanei del 1956), sia nell’essenzialità del bianco e nero, fino alla reductio ad unum dell’acrilico Effetto bidimensionale del cerchio, che torna simbolicamente all’aneddoto che Vasari narrò a proposito di Giotto giovinetto, ovvero alla purezza “magica” e misteriosa di una semplice circonferenza. Franco Grignani, tanto nella Vibrazione induttiva del 1965, quanto nell’Interlinea 18A del 1963, fa interagire e alternare la retta e la curva, producendo variazioni virtuosistiche che solleticano le facoltà visive. Ennio L. Chiggio è forse il più optical degli artisti proposti in questa mostra: in Interferenza Lineare 8 del 1966 sovrappone una doppia lastra di plexiglass aerografato, che distorce la percezione e genera l’illusione del movimento; nel Dispositivo A+B del 1964 lavora invece su forme sequenziali e ripetitive, sviluppando la componente fenomenica dell’atto pittorico. Giovanni Pizzo e Lucia Di Luciano, con le loro opere, si dispongono tra il pian terreno e quello sottostante della galleria (al pari di Apollonio, Grignani e Chiggio): il primo con due Sign-Gestalt (del 1964 e del 1965) che alludono alla nozione di un “segno-forma”, articolato alternativamente secondo progressioni e strutturazioni ritmiche di moduli geometrici prodotti da linee, quadrati e rettangoli, che annullano ogni distinzione tra “figura” e “sfondo”, suscitando un’instabilità percettiva tra “positivo” e “negativo”; Lucia Di Luciano – reduce, come Marina Apollonio, dalla trionfale presenza nel Padiglione Centrale della Biennale di Venezia del 2022 – con due lavori distanti nel tempo, ossia Discontinuità ritmica in orizzontale e successione in verticale del 1965 e le già menzionate Verticalità dalla 2 alla 11 del 2003. Si passa dal rigore del severo bianco e nero all’esplorazione delle dinamiche cromatiche, ma ferma restando la maestria nel maneggiare le molteplici possibilità combinatorie della linea, protagonista assoluta della sua ricerca come di quelle degli altri artisti qui rappresentati.

 

Marina Apollonio, nata a Trieste nel 1940, è una delle figure più rappresentative del movimento ottico-cinetico internazionale. Figlia del grande studioso Umbro Apollonio e allieva di Giuseppe Santomaso all’Accademia di Belle Arti di Venezia, si dedica alla progettazione di industrial graphic design e a soluzioni di architettura per interni, e nel 1962 inizia la sua ricerca sulla percezione e la comunicazione visiva. Dopo un soggiorno a Parigi, nel 1964 rientra in Italia ed esegue i primi rilievi metallici a sequenze cromatiche alternate. Dal 1965 gravita attorno al Gruppo N di Padova e al Gruppo T di Milano, condividendone sia gli intenti delle ricerche, sia la scelta dei materiali. Dal 1975 realizza opere basate sul rapporto ortogonale di linee parallele colorate, verticali e orizzontali su fondo nero. Intensissima è la sua attività espositiva. Nel 2022 è presente con alcuni importanti lavori alla Biennale di Venezia nel Padiglione Centrale.

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Mario Ballocco (Milano, 1913-2008) è stato un precursore in molti campi: pittore astrattista di grande coerenza, ha fornito un contributo fondamentale alle indagini sul colore e la percezione visiva. Dopo gli studi con Aldo Carpi all’Accademia di Brera, nel 1947 è in Argentina a contatto con Lucio Fontana. Fondatore nel 1950 a Milano del Gruppo Origine (cui aderiscono anche Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla), crea e dirige le riviste «AZ» (1949-1952) e «Colore. Estetica e Logica» (1957-1964). Nel 1952-1953 cura a Milano esposizioni di design e una mostra sulla storia della fotografia. Ballocco è l’inventore della “cromatologia”, metodo interdisciplinare per la soluzione di “problemi visivi di interesse collettivo”. Ballocco è presente due volte alla Biennale di Venezia con personali-omaggio (nel 1970 e nel 1986). Da ricordare, inoltre, la sua attività d’insegnamento, iniziata all’inizio degli anni Settanta all’Accademia di Belle Arti di Brera.

(p. b.)

 

Ennio Ludovico Chiggio (Napoli, 1938 - Padova, 2020) frequenta con discontinuità l’Accademia e la Facoltà di Architettura a Venezia. Nel 1957 inizia a dipingere opere d’ispirazione informale. Nel 1958 entra in contatto con un gruppo di giovani artisti padovani, e nel 1960 risulta nella rosa dei cinque appartenenti al Gruppo N, con il quale partecipa alla mostra “Arte programmata”, presentata da Umberto Eco a Milano nel 1962. Si interessa alla poesia visiva e al concretismo fotografico. Nel 1963-1964 partecipa a “Nuove Tendenze 2” alla Fondazione Querini Stampalia. Nel 1964 presenta alla Biennale di Venezia l’elaborato elettronico Ambiente sonoro. Nel maggio del 1965 fonda con Teresa Rampazzi, Serenella Marega e Memo Alfonsi il Gruppo di Fonologia sperimentale NPS, per la produzione di oggetti sonori con musica elettronica. Si rivolge anche allo studio della cinesi corporea, alla progettazione di ambienti e al design. Tra gli anni Settanta e Ottanta realizza opere in cui si alternano geometricamente campi rossi e bianchi, per indurre lo sguardo dell’osservatore a meditare sull’instabilità visiva. Dal 1978 al 1989 insegna Progettazione ed estetica industriale all’Accademia di Belle Arti di Venezia.

(p. b.)

 

Claudio D’Angelo (Tripoli, 1938 - Ascoli Piceno, 2011) nasce in Libia da genitori marchigiani. Nel 1942 la famiglia torna a vivere in Italia nel luogo d’origine. Da adolescente comincia a interessarsi alle arti visive e alla musica. Dopo un esordio pittorico informale e neodadaista, nella seconda metà degli anni Sessanta si muove sempre di più in direzione geometrico-progettuale, arrivando a sviluppare un proprio linguaggio aniconico. Al 1964 risalgono le prime indagini sull’esattezza dell’immagine e sulla cinematica delle configurazioni spaziali. Nel 1966 entra in contatto con la gallerista Fiamma Vigo, che da subito si interessa al suo lavoro, facendolo partecipare a rassegne nazionali e internazionali. Nel 1968 elabora organismi modulari usando “Forme toroidali”. Gli anni Settanta si aprono con una serie di opere che D’Angelo definisce “Ipotesi progettuale”. A seguire realizza il ciclo dei “Progetto di spazio” e dei “Progetti di genesi dinamica dello spazio”. Nel 1976 perviene a studi, denominati “Analysis situs”, intesi a strutturare valenze fotodinamiche mediante sequenze combinatorie di segni. Comincia a proporre anche installazioni-ambienti e performances. Negli anni Ottanta la sua ricerca assume il segno-archetipo come scandaglio di complesse stratificazioni dell’io latente; con il comparire del colore azzurro, oltre a materiali extrapittorici (stoffa, vetro, plexiglass, metallo), si determina una svolta che lo accompagna sino alla fine.

(p. b.)

 

Lucia Di Luciano è nata a Siracusa nel 1933. Arrivata a Roma, frequenta l’Accademia di Belle Arti, dove incontra Giovanni Pizzo. I due si sposano nel 1959. Nel 1963, insieme con Francesco Guerrieri e Lia Drei, fondano il Gruppo 63, che, nell’àmbito delle ricerche cinetico-programmate, si dà un’impronta fortemente razionalistica. Questo sodalizio a quattro ha breve durata, a causa di divergenze programmatiche. Già nel 1964 Lucia Di Luciano e Giovanni Pizzo dànno vita all’Operativo R, coinvolgendo nella nuova compagine Carlo Carchietti, Franco Di Vito e Mario Rulli. I lavori prodotti in quel periodo prendono le mosse dall’analisi di processi visivi di matrice gestaltica. Nelle opere di Lucia Di Luciano si determina spesso un effetto di sovrapposizione di griglie in bianco e nero, che conferisce all’immagine un’evidente pluridimensionalità. Verrà poi il ritorno al colore, con la graduale introduzione dei toni primari. Non sarà un tradimento degli assunti originari, ma un approfondimento di un’indagine sulla percezione ottica, che Di Luciano porrà in pratica, per esempio, nella serie dei “Gradienti”, opere ricche di verve immaginativa unita al rigore scientifico. Nel 2022 espone alla Biennale di Venezia nel Padiglione Centrale.

(p. b.)

 

Franco Grignani (Pieve Porto Morone, Pavia, 1908 - Milano, 1999) fin dalla prima giovinezza partecipa alle manifestazioni del Secondo Futurismo, con un’intensa attività espositiva. Lasciata la Facoltà di Matematica, nel 1929 si sposta a Torino per iscriversi ad Architettura e, al termine degli studi, si trasferisce a Milano impegnandosi nella progettazione di aree espositive e nel graphic design. Quanto alla ricerca artistica, dal 1935 abbandona ogni riferimento figurativo per dedicarsi, anche attraverso l’uso della macchina fotografica, alle sperimentazioni che essa gli consentiva: ciò lo porta ad avvicinarsi alle avanguardie astrattiste e costruttiviste. Richiamato alle armi allo scoppio della Seconda guerra mondiale, gli è affidato l’insegnamento in un corso di avvistamento aereo. Questa esperienza lo induce a interessarsi all’analisi della percezione ottica. Alla conclusione del conflitto riprende l’attività lavorativa nel graphic design, dedicando però sempre più tempo e attenzione all’arte. La sua pittura è d’ora in avanti una costante sperimentazione che va dalle matematiche spurie alle tecniche ottiche, senza però disgiungersi da una libertà costruttiva aperta a nuove intuizioni. L’incontro con il gallerista Lorenzelli gli darà la possibilità di mostrare l’esito di molte ricerche e di avviare una lunga collaborazione espositiva. Nel 1975 il Comune di Milano gli dedica un’antologica alla Rotonda della Besana. Nel 1980 comincia a insegnare alla NABA - Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, che intitolerà un proprio dipartimento alla sua memoria.

(p. b.)

 

Giovanni Pizzo (Veroli, Frosinone, 1934 – Roma, 2022), approdato nella capitale, si laurea in architettura nel 1955. Nel 1959 sposa Lucia Di Luciano. Nel 1963, con lei e con Francesco Guerrieri e Lia Drei, fonda il Gruppo 63, che si dà un’impostazione logico-matematica mirante alla definizione di moduli geometrici, per consentire all’arte di coniugarsi con il disegno industriale e l’architettura. Il sodalizio ha breve durata, e nel 1964 con Lucia Di Luciano crea l’Operativo R, coinvolgendo anche Carlo Carchietti, Franco Di Vito e Mario Rulli. I lavori prodotti in quel periodo vedono convivere la componente della ricerca scientifica con una tecnica virtuosistica. La lettura dei testi di Bertrand Russell sulla logica matematica e la volontà di conformarsi a rigorose regole geometriche determinano l’elaborazione di un “segno-immagine” dove il colore, in quanto fattore potenzialmente emotivo e soggettivo, è bandito. I supporti sono perlopiù masoniti o comunque tavole, le cui dimensioni si rifanno ai rapporti proporzionali della sezione aurea. Le sue composizioni presentano nel titolo il prefisso Sign-Gestalt: una sorta di elemento primario di un alfabeto fondamentale, articolato secondo progressioni e strutturazioni ritmiche di moduli geometrici. Il ritorno al colore si accompagnerà a un approfondimento dell’indagine sulla percezione ottica, in una fase cosiddetta “geometrico-razionale” durante la quale Pizzo scoprirà le possibilità dell’Atlante di Albert H. Munsell.

(p. b.)

 

Luigi Veronesi (Milano, 1908-1998) si iscrive all’istituto tecnico, segue un corso per disegnatore tessile e studia pittura sotto la guida di Carmelo Violante. Si avvicina giovanissimo agli artisti che gravitano attorno alla Galleria Il Milione. Accostatosi all’astrattismo, nel 1934 aderisce al gruppo Abstraction-Création. Fondamentali, in questo periodo, sono i suoi incontri con Josef Albers, László Moholy-Nagy e Max Bill, che gli consentono di assimilare gli insegnamenti del Bauhaus e di conoscere la produzione di Malevič, El Lissitskij e Rodčenko. Nel frattempo lavora con la rivista «Campo Grafico». Negli anni Trenta e Quaranta matura un personale astrattismo geometrico-costruttivista, con un’apertura a differenti àmbiti espressivi: pittura, fotografia, incisione, cinema, scenografia. Nel 1947 entra nel gruppo fotografico La Bussola, firmandone il manifesto programmatico; del 1948 è invece l’adesione al M.A.C. (Movimento Arte Concreta). Negli anni Cinquanta e Sessanta Veronesi riceve i primi importanti riconoscimenti (premi, partecipazioni alle Biennali di Venezia e di San Paolo del Brasile, mostre personali in Italia e all’estero) e attraversa una parentesi di inquieta apertura ad alcune istanze dell’Informale, poi superata nel ritorno a un nitido geometrismo lirico-costruttivista. Comincia inoltre la sua attività didattica all’Accademia di Belle Arti di Brera (dove “erediterà” il corso di cromatologia introdotto da Mario Ballocco), e poi alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Negli anni Ottanta e Novanta al rinnovato interesse per la fotografia e il cinema si aggiungono operazioni ascrivibili al campo dell’arte applicata, con affreschi, progetti di piazze e interventi grafici in esterni.

 

 

From 27 October 2022 to 27 January 2023, the 10 A.M. ART gallery at Corso San Gottardo 5 in Milan will be hosting the exhibition ‘Curve and straight. The line in Italian abstract-kinetic research’.

Curator Paolo Bolpagni tells us:

 

Abstract-kinetic research, both at its peak and in the pioneering experiments that anticipated it, is characterized by certain common elements: the adoption of a formal lexicon that is mostly geometric, the frequent aspiration to investigate ways of seeing, the pursuit of the pictorial rendering of dynamism and optical phenomena and light, the recurrent recourse to effects of modularity, pulsation, permutation, dissociation or distortion, and the overcoming of the traditional concept of art as expression, overtaken by the investigation of perceptive and psychological mechanisms. Furthermore, it was essential for the exponents of this current to return to the fundamentals of pictorial language, often elevated to become the focus of investigation or redefined.

Juxtaposing the works of Luigi Veronesi, Franco Grignani, Mario Ballocco, Lucia Di Luciano, Giovanni Pizzo, Ennio L. Chiggio, Claudio D’Angelo and Marina Apollonio serves first and foremost to assess the relationship between two generations (the first three were born at the beginning of the 20th century, the others between 1933 and 1940). Equally importantly, it serves to recognize the value and variety of research that on the one hand still shows its strength and topicality, while on the other it continues to astonish us with the infinite field of possibilities opened up by the use of just a few basic ‘ingredients’. Indeed, Western music is constructed almost entirely on twelve semitones: just seven notes and five alterations, which have been used for perhaps the most extraordinary creative achievements of human civilization – from Bach to Mahler. Consequently, on the occasion of the exhibition organized by 10 A.M. ART, the focus has been placed on the generative faculties of the line, in reference to a twenty-year period of time, from Mario Ballocco’s Contrasti simultanei of 1956 to Claudio D’Angelo’s triptych Progetto di spazio of 1976, with the only temporal overrun represented by the unitary cycle of ten paintings by Lucia Di Luciano produced in 2003: Verticalità dalla 2 alla 11. There are twenty works in total, selected for the two floors of the gallery: on the ground floor are four paintings by Luigi Veronesi from the 1970s (Composizione Q12 from 1973, Composizione T2 from 1974 and, both from 1975, Costruzione Epsilon Variante 4 and Costruzione Sigma 6), in which the line is the main instrument used for acquiring cognition of the figurative passage of time within the spatial infinity of the plane, gaining the ability to fix it in a rhythmic reality, so that the individual piece is not the final goal, but a moment ‘frozen’ in the flow of an unlimited duration. These works are flanked by Marina Apollonio’s vertiginous curved variations (Verde + Blu 8N from 1966–71, No. 44 Gradazione 8+8P nero bianco su nero from 1966–72 and Dinamica circolare Cratere N from 1968), which test the mechanisms of our brain, and Claudio D’Angelo’s rarefied Progetto di spazio, ‘visual outcrops’ in which the gestalt principles of continuity and ‘common fate’ are applied with originality and sagacity. The choice of the three works by Mario Ballocco is exemplary precisely in the exploration of the ‘etymon’ and the perceptive repercussions – to quote and paraphrase the title of a canvas from 1975 – of the straight line and the curve, both in relation to colour (as in Contrasti simultanei of 1956) and in the simplicity of black and white, all the way through to the reductio ad unum of the acrylic painting Effetto bidimensionale del cerchio, which symbolically returns to Vasari’s anecdote about Giotto as a young boy, or to the ‘magical’ and mysterious purity of a simple circumference. Franco Grignani, in both his Vibrazione induttiva of 1965 and his Interlinea 18A of 1963, makes the straight line and the curve interact and alternate, producing virtuosic variations that tickle the visual faculties. Ennio L. Chiggio is perhaps the most optical of the artists in this exhibition. In Interferenza Lineare 8 of 1966, he overlaps a double airbrushed plexiglass plate, which distorts perception and generates the illusion of movement. In Dispositivo A+B of 1964, he instead works on sequential and repetitive forms, developing the phenomenal component of the pictorial act. The works of Giovanni Pizzo and Lucia Di Luciano are displayed on the ground and lower floors of the gallery (as are those of Apollonio, Grignani and Chiggio). The former features with two Sign-Gestalt pieces (from 1964 and 1965) that allude to the notion of a ‘sign-form’, alternately articulated according to progressions and rhythmic structuring of geometric modules produced by lines, squares and rectangles, which do away with any distinction between ‘figure’ and ‘background’, provoking a perceptive instability between ‘positive’ and ‘negative’. Meanwhile, Lucia Di Luciano – following on, like Marina Apollonio, from her triumphant presence in the Central Pavilion at the Venice Biennale in 2022 – is present with two works from very different periods, namely Discontinuità ritmica in orizzontale e successione in verticale of 1965 and the aforementioned Verticalità dalla 2 alla 11 of 2003. We progress from the rigour of severe black and white to the exploration of chromatic dynamics, but without losing sight of the mastery in handling the multiple possible combinations of the line, which is the absolute protagonist of her research and that of the other artists featured here.

 

Marina Apollonio, born in Trieste in 1940, is one of the most representative figures of international optical and kinetic art. Daughter of the great scholar Umbro Apollonio, she studied under Giuseppe Santomaso at the Accademia di Belle Arti in Venice. She went on to devote herself to industrial graphic design and interior architecture solutions, before beginning her research into perception and visual communication in 1962. After a period in Paris, she returned to Italy in 1964 and produced her first metal reliefs in alternating colour sequences. From 1965 onwards she gravitated around Gruppo N in Padua and Gruppo T in Milan, sharing both their research intentions and choice of materials. Since 1975, she has been producing works based on the orthogonal relationship of coloured, vertical and horizontal parallel lines against a black background. She exhibits her work extensively. In 2022, she featured with some important works in the Central Pavilion at the Venice Biennale.

(p. b.)

 

Mario Ballocco (Milan, 1913–2008) was a forerunner in numerous fields: a highly consistent abstract painter, he made a fundamental contribution to exploring colour and visual perception. After studying with Aldo Carpi at the Brera Academy, he came into contact with Lucio Fontana in Argentina in 1947. Having founded the Gruppo Origine (also joined by Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi and Ettore Colla) in Milan in 1950, he went on to establish and edit the AZ (1949–52) and Colore. Estetica e Logica magazines (1957–64). In 1952–53 he curated design shows and an exhibition on the history of photography in Milan. Ballocco was the inventor of “chromatology”, an interdisciplinary method for solving “visual problems of collective interest”. He featured twice at the Venice Biennale with solo exhibitions/tributes (in 1970 and 1986). It is also worth mentioning his teaching activity, which began in the early 1970s at the Brera Academy of Fine Arts.

(p. b.)

 

Ennio Ludovico Chiggio (Naples, 1938 – Padua, 2020) attended the Academy and the Faculty of Architecture in Venice on a somewhat irregular basis. In 1957, he began painting works of informal inspiration. In 1958 he came into contact with a group of young Paduan artists, while in 1960 he was one of the five members of Gruppo N, with which he participated in the ‘Arte programmata’ exhibition, presented by Umberto Eco in Milan in 1962. He developed an interest in visual poetry and photographic concretism. In 1963–64 he took part in ‘Nuove Tendenze 2’ at the Fondazione Querini Stampalia. In 1964 he presented his electronic work Ambiente sonoro at the Venice Biennale. In May 1965 he founded the Gruppo di Fonologia sperimentale NPS with Teresa Rampazzi, Serenella Marega and Memo Alfonsi, for the production of sound objects with electronic music. He also turned his attention to the study of body kinetics, environmental planning and design. Between the 1970s and 1980s he produced works in which red-and-white fields alternate geometrically, leading the viewer to meditate on visual instability. From 1978 to 1989 he taught Design and Industrial Aesthetics at the Academy of Fine Arts in Venice.

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Claudio D’Angelo (Tripoli, 1938 – Ascoli Piceno, 2011) was born in Libya to parents from the Marche region. In 1942, the family returned to their place of origin in Italy. As a teenager, he became interested in visual arts and music. After an informal and neo-Dadaist pictorial debut, in the second half of the 1960s he moved more and more in the direction of geometry and design, eventually developing his own aniconic language. His first investigations into the exactness of the image and the kinematics of spatial configurations date back to 1964. In 1966 he came into contact with the gallery owner Fiamma Vigo, who took an immediate interest in his work, making him participate in national and international exhibitions. In 1968 he developed modular organisms using “Forme toroidali” (toroidal forms). The 1970s opened with a series of works that D’Angelo termed Ipotesi progettuale. This was followed by the cycle of Progetto di spazio and Progetti di genesi dinamica dello spazio. In 1976 he came up with studies, called Analysis situs, aimed at structuring photodynamic values through combinatorial sequences of signs. He also began developing installation-environments and performances. In the 1980s, his research took on the sign-archetype as a sounding out of complex stratifications of the latent ego. A turning point arrived with the appearance of the colour blue, as well as extra-pictorial materials (fabric, glass, plexiglass, metal), accompanying him to the end.

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Lucia Di Luciano was born in Siracusa in 1933. After arriving in Rome, she attended the Academy of Fine Arts, where she met Giovanni Pizzo. The pair married in 1959. In 1963, together with Francesco Guerrieri and Lia Drei, they founded the Gruppo 63, which gave itself a strongly rationalistic imprint within the context of kinetic-programmed research. This group of four was short-lived due to programmatic differences. As early as 1964, Lucia Di Luciano and Giovanni Pizzo set up Operativo R, involving Carlo Carchietti, Franco Di Vito and Mario Rulli in the new team. The works produced in that period were based on the analysis of visual processes of a gestalt stamp. Lucia Di Luciano’s works often feature overlapping black and white grids, which gives the image an evident multi-dimensionality. Then came the return to colour, with the gradual introduction of primary tones. This was not a betrayal of her original assumptions, but the furthering of an investigation into optical perception, which Di Luciano would put into practice in the Gradienti series, among others, featuring works steeped in imaginative verve combined with scientific rigour. In 2022, she exhibited in the Central Pavilion at the Venice Biennale.

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Franco Grignani (Pieve Porto Morone, Pavia, 1908 – Milan, 1999) participated in the manifestations of Second Futurism from a very young age, exhibiting extensively. After leaving the Faculty of Mathematics, he moved to Turin in 1929 to enrol in Architecture and, at the end of his studies, he moved to Milan, working in exhibition and graphic design. As regards his artistic research, from 1935 onwards he abandoned all figurative references to devote himself to experimenting with his camera too: this led him to approach the abstractionist and constructivist avant-garde movements. After being called up at the outbreak of the Second World War, he was entrusted with teaching an aerial sighting course. This experience led him to take an interest in the analysis of optical perception. At the end of the war he resumed his work in graphic design, but devoted more and more time and attention to art. From now on, his painting was an ongoing experiment that ranged from spurious mathematics to optical techniques, without, however, abandoning a constructive freedom open to new insights. His meeting with gallery owner Lorenzelli gave him the opportunity to display the results of his extensive research and to start a long exhibition collaboration. In 1975, the Municipality of Milan dedicated an anthological exhibition to him at the Rotonda della Besana. In 1980, he began teaching at the NABA – New Academy of Fine Arts in Milan, which named one of its department after him.

(p. b.)

 

Giovanni Pizzo (Veroli, Frosinone, 1934 – Rome 2022), came to Rome and graduated in architecture in 1955. In 1959 he married Lucia Di Luciano. In 1963 he founded Gruppo 63 with her, Francesco Guerrieri and Lia Drei, adopting a logical-mathematical approach aimed at defining geometric modules to allow art to be combined with industrial design and architecture. The association was short-lived, and in 1964 he and Lucia Di Luciano founded Operativo R, also involving Carlo Carchietti, Franco Di Vito and Mario Rulli. The works produced in that period featured a blend of scientific research and virtuosic technique. His study of Bertrand Russell’s texts on mathematical logic and his desire to conform to strict geometric rules determined the creation of a “sign-image” where colour, as a potentially emotional and subjective factor, is banished. He mostly worked on Masonite or in any case plates, whose dimensions are based on the proportional ratios of the golden section. His compositions feature the prefix Sign-Gestalt in the title: a sort of primary element of a fundamental alphabet, developed according to progressions and rhythmic structuring of geometric modules. His return to colour would be accompanied by further study of optical perception, in a so-called “geometric-rational” phase during which Pizzo discovered the potential of Albert H. Munsell’s Atlas.

(p. b.)

 

Luigi Veronesi (Milan, 1908–98) enrolled at the technical institute, attended a course for textile designers and studied painting under Carmelo Violante. At a very young age, he approached the artists who gravitated around the Galleria Il Milione. As he drew closer to abstract art, he joined the Abstraction-Création group in 1934. Fundamental to this period were his encounters with Josef Albers, László Moholy-Nagy and Max Bill, which enabled him to absorb the teachings of the Bauhaus and get to know the work of Malevich, Lissitzky and Rodchenko. In the meantime, he worked with Campo Grafico magazine. In the 1930s and 1940s he developed a personal geometric-constructivist abstractionism, while remaining open to different spheres of expression: painting, photography, engraving, cinema and set design. In 1947 he joined La Bussola photographic group, signing its manifesto, while in 1948 he joined the M.A.C. (Movimento Arte Concreta). In the 1950s and 1960s, Veronesi received his first important recognitions (prizes, participation in the Venice Biennale and the Bienal de São Paulo in Brazil, solo exhibitions in Italy and abroad) and went through a period of restless openness to certain instances of Informal Art, later overcome during his return to a clear lyrical-constructivist geometricism. He also began teaching at the Brera Academy of Fine Arts (where he “inherited” the chromatology course introduced by Mario Ballocco), and then at the New Academy of Fine Arts in Milan. In the 1980s and 1990s, his renewed interest in photography and film was combined with work in the field of applied art, with frescoes, projects for public spaces and outdoor graphic interventions.

                                                                                                                                                                                                                                                     (p. b.)

 

 

Opening:

27 October 2022, 5.00 pm

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